Per la rubrica sui serial killer, oggi parleremo di VINCENZO VERZENI.

Vincenzo Verzeni, nato a Bottanuco l’11 aprile del 1849 e deceduto il 31 dicembre del 1918, è stato un serial killer italiano che soprannominarono Vampiro della Bergamasca, Vampiro della Padania o anche Strangolatore di donne. Nonostante avesse assassinato soltanto 2 persone, è salito alle cronache nere per l’efferatezza dei suoi delitti e la sua vorace sete di sangue. Il suo caso fu studiato da Cesare Lombroso.
Chi era Vincenzo Verzeni
Lui discende da una famiglia di contadini e la sua infanzia è segnata dalla povertà, dal padre alcolizzato e violento e dalla madre malata di epilessia. Vincenzo Verzeni manifesta i primi segni di follia e aggressività quando ha da poco compiuto i 18 anni, quando aggredisce nel sonno sua cugina; tenta di morderle la gola ma lei riesce a fuggire in preda al panico.
Nel 1869 una contadina viene aggredita da uno sconosciuto e riesce a fuggire, tuttavia non riesce a identificare l’aggressore. Poco dopo una donna denuncia di essere stata rapita da Verzeni, ma poi di essere stata liberata per compassione. Questo è soltanto l’incipit della sua follia.
Il vampiro serial killer
Il primo omicidio di Vincenzo Verzeni avviene l’8 dicembre del 1970, quando la quattordicenne Giovanna Motta si stava recando a Suisio in visita ad alcuni parenti. Scomparirà nel nulla e il suo cadavere sarà ritrovato 4 giorni dopo e in stato terrificante. Il collo mostra segni di morsi, le interiora e gli organi genitali sono stati asportati e la carne di un polpaccio è stata strappata. Alcuni spilloni trovati accanto al cadavere fanno pensare che Verzeni avesse praticato del piquerismo durante o dopo le sevizie.
Nel 1872 uccide Elisabetta Pagnoncelli, il cui cadavere viene ritrovato in condizioni simili a quello di Giovanna Motta; segni di morsi sul collo, organi asportati e lembi di carne strappati.
La fine del serial killer
Vincenzo Verzeni viene arrestato nel 1873, quando finalmente riescono a trovare delle prove a suo carico. Cesare Lombroso è incaricato della perizia psichiatrica e pur non ritenendolo infermo mentale, lo definisce “un sadico sessuale, vampiro, divoratore di carne umana“. Gli diagnostica anche gravi forme di cretinismo e necrofilia, oltre che di pellagra in fase avanzata. Nel processo Verzeni descrive gli omicidi:
«Io ho veramente ucciso quelle donne e ho tentato di strangolare quelle altre, perché provavo in quell’atto un immenso piacere. Le graffiature che si trovarono sulle cosce non erano prodotte colle unghie ma con i denti, perché io, dopo strozzata la morsi e ne succhiai il sangue che era colato, con cui godei moltissimo.»
Vincenzo Verzeni fu condannato all’ergastolo e morirà suicida, impiccato nella cella.